Mercoledì 23 marzo a Torino presso la Fondazione “Luigi Einaudi”, nell’ambito del nuovo ciclo di incontri riguardanti “L’Europa di Lisbona nel mondo che cambia”, la sezione di Torino del Movimento Federalista Europeo (MFE) e il Centro Einstein di Studi Internazionali (CESI), in collaborazione con i più importanti centri studi torinesi, hanno organizzato un Dibattito sul tema Il diritto all’alimentazione: come possiamo contribuire alla lotta alla miseria e al sottosviluppo. All’incontro, presieduto da Alfonso Sabatino (presidente MFE Torino), hanno partecipato Monica Frassoni (Copresidente Partito Verde Europeo) e Carlo Petrini (Presidente Slow Food).  

Riportando una serie di recenti dati della FAO, Sabatino ha introdotto l’argomento, osservando come il crescente disagio socio-economico, legato in varie aree del mondo all’accentuarsi della fame e della povertà, a cui si accompagnano processi di instabilità politica a cascata, pone nell’epoca della globalizzazione il problema di una riconquista della sovranità alimentare. Frassoni ha aperto la sua relazione, sottolineando che nel settore l’UE attraverso la Politica Agricola Comune (PAC), l’unica vera politica comune europea, è riuscita ad assicurare il reddito ai produttori degli stati membri. La PAC si è sviluppata tuttavia in un contesto storico diverso da quello attuale, per cui risulta sempre più evidente la necessità di una sua riforma, per far fronte ai forti squilibri negli interscambi tra l’UE e i paesi terzi e all’esigenza di garantire l’autosufficienza alimentare. Occorre fornire un quadro normativo d’incentivazione di pratiche orientate alla qualità e alla sostenibilità della produzione, assicurando reddito in un quadro di equità. Nella sua relazione Petrini ha evidenziato che il sistema alimentare odierno è responsabile di una situazione ambientale disastrosa, che si traduce in perdita di fertilità dei suoli e uso smodato delle risorse idriche. Il trasferimento della logica industriale al settore agricolo ha determinato lo sviluppo di una cultura produttivistica, che ha fatto precipitare il rapporto produttore-consumatore, contribuendo alla perdita di valore del cibo. Le responsabilità si devono rintracciare non solo nelle politiche delle classi dirigenti, ma anche nella mentalità delle società odierne, soprattutto tra i giovani. Sia in Italia che nel mondo occorre agire da cittadini per riappropriarsi dei processi produttivi, promuovendo nuove strutture che consentano il ritorno alla terra.

Al termine delle relazioni è seguito un dibattito che ha visto da parte del pubblico in sala diversi interventi, tra cui quello di Paolo Ceratto (United Nations System Staff College e Consigliere SIOI), Giorgio Cingolani (Centro Studi “Sereno Regis”) e Roberto Palea (CESI), che ha rilevato come cibo e risorse naturali, che sarebbero sufficienti per soddisfare i bisogni di tutti, sono invece distribuiti in modo ingiusto e inaccettabile tra gli Stati ( a favore di quelli industrializzati) e tra le persone di ciascun Paese. Esiste l’esigenza di migliorare la loro redistribuzione, ma ciò non può avvenire senza l’intervento della politica, cioè l’arte di governare la società, nel caso in questione, a livello mondiale. E’ necessario che almeno gli stati industrializzati affrontino insieme i problemi globali, tra cui quello della fame, della miseria e del sottosviluppo. In particolare è urgente stabilire nuove regole per la cooperazione internazionale, accentrando gli aiuti allo sviluppo in in’unica istituzione internazionale che operi secondo i principi della trasparenza, democraticità, efficienza e controllo. A conclusione dei lavori, i relatori hanno concordato sul fatto che sia necessario un nuovo approccio per arrestare il depauperamento del territorio agricolo. Alla capacità individuale di agire diversamente, con maggior consapevolezza e responsabilità, si deve accompagnare un’agenda politica con proposte concrete, in grado di scavalcare gli interessi delle lobbies che dettano le linee di governo dell’attuale sistema economico internazionale.