Mercoledì 20 maggio, a Torino, presso la Fondazione “Luigi Einaudi”, si è tenuto il secondo incontro del Ciclo 2015 “Torino, l’Italia e l’Europa in un mondo che cambia”, organizzato da un ampio coordinamento di 18 Istituzioni politico-culturali cittadine tra cui MFE, CESI e CSF.
Al dibattito sul tema “Le grandi aree commerciali e i loro rapporti: il negoziato transatlantico” sono intervenuti Flavio Brugnoli (Centro Studi sul Federalismo), Francesco Costamagna (Università di Torino) e Domenico Moro (Direzione nazionale Movimento Federalista Europeo). Ha introdotto e moderato Giuseppe Porro (Università di Torino, IUSE). L’argomento centrale della discussione ha riguardato il negoziato in corso tra Unione Europea e Stati Uniti in tema di liberalizzazione del commercio e degli investimenti e i relativi effetti in termini di opportunità e rischi.
Porro, introducendo l’argomento, ha affermato che alla luce della dimensione economica e politica degli attori coinvolti, l’accordo transatlantico (Transatlantic Trade and Investment Partnership – TTIP) avrà ripercussioni non solo bilaterali e aggiungerà un altro tassello importante nel processo mondiale di liberalizzazione del commercio.
Brugnoli, nel suo intervento, ha presentato un quadro d’insieme, confrontando il peso economico di Stati Uniti e Unione Europea a livello di popolazione, prodotto nazionale lordo, commercio bilaterale e investimenti diretti. Ha ricordato che il TTIP è un accordo “di nuova generazione”, incentrato anzitutto sulla definizione di standard comuni, con inevitabili ricadute sulla definizione della regolamentazione a livello mondiale. Passati in rassegna brevemente i potenziali benefici economici e i problemi sollevati dall’accordo in discussione, Brugnoli ha evidenziato lo sforzo di trasparenza nelle informazioni sul TTIP messo in atto negli ultimi tempi dall’Unione Europea: è stato reso pubblico il mandato conferito dagli stati alla Commissione per condurre la trattativa, molta documentazione è ormai disponibile on line, inoltre sarà il Parlamento europeo a esprimere un voto vincolante sull’accordo finale. Rimane comunque importante distinguere fra dibattito pubblico il più ampio possibile e riservatezza sulle negoziazioni in senso stretto. Il TTIP va inserito nel contesto globale, in cui gli Stati Uniti sono impegnati anche sul versante del Pacifico, con la Trans-Pacific Partnership (TTP), che coinvolge 11 altri paesi dell’area. Per la Ue il TTIP è quindi molto importante, ma, al pari degli Stati Uniti, deve muoversi su più fronti, verso l’Asia (14 paesi Ue sono membri fondatori della nuova Asian Infrastructure Investment Bank lanciata dalla Cina), l’Africa e anche la Russia, crisi ucraina permettendo.
Costamagna, nella sua relazione, ha spiegato che accordi come il TTIP hanno la loro ragion d’essere nella crisi del multilateralismo rappresentata dalla situazione di stallo in cui si trova l’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) dopo gli ultimi accordi siglati negli anni Novanta. Da allora si sono affermate nuove potenze economiche che sono riuscite a formare un blocco più compatto. I paesi che tradizionalmente hanno dominato la scena multilaterale rivalutano ora la dimensione regionale come livello dove poter sviluppare accordi di nuova generazione. Il TTIP, così come il TISA – l’accordo di liberalizzazione nel settore dei servizi che coinvolge 23 membri dell’OMC, tra cui l’Ue e gli Usa – sono accordi preferenziali tra aree geograficamente distinte che sul piano dei contenuti hanno come tema non più l’abbattimento delle barriere tariffarie, bensì la definizione di standard regolativi. Si tratta di una tipologia di trattati che alimenta un dibattito nuovo su istanze importanti come la trasparenza nella risoluzione delle controversie in materia di tutela degli investimenti, tradizionalmente di competenza di tribunali arbitrali che agiscono al di fuori del controllo statale, facendo ampio uso di loro discrezionalità normativa. In quest’ottica si spiega la proposta della Germania di creare un tribunale permanente nell’ambito del TTIP. C’è ancora incertezza su quali saranno gli effetti pratici del negoziato transatlantico, ma indubbiamente l’Ue sta spendendo molto del suo capitale politico per il raggiungimento di un accordo di qualità a difesa dell’interesse generale europeo.
Moro ha focalizzato l’attenzione su alcuni punti critici del TTIP. Si tratta di capire, da un lato, se e a quali condizioni tale accordo rappresenta un passo verso una maggior integrazione economica e finanziaria mondiale e, dall’altro, verificare se l’Unione europea è attrezzata per reggere la gestione di un negoziato di così larga dimensione. L’elevata percentuale che registrano Usa e Ue insieme, in termini di commercio estero, di debito pubblico e capitale finanziario a livello mondiale, impone che contestualmente al TTIP venga avviata la riforma del sistema monetario internazionale. Le oscillazioni del cambio dollaro/euro non possono essere compatibili con un progetto che non solo ha implicazioni maggiori del libero scambio, ma avviene anche in un’epoca diversa rispetto a Bretton Woods. Con la fine della convertibilità del dollaro in oro, è venuto meno un vincolo esterno che imponeva allo stato una cura della finanza pubblica, si è affievolito il legame con la materia prima e ha guadagnato rilievo la componente politica. La gestione della moneta in base ad esigenze interne al paese che emette la moneta di riserva pone però un problema di affidabilità, che potrebbe essere risolto nell’ambito del TTIP proponendo agli Stati Uniti un’intesa simile al Fiscal Compact. Occorre poi considerare gli squilibri esistenti tra Usa e Ue sul piano del rispetto di standard sociali e ambientali. Se l’Unione europea intende perseguire un modello di sviluppo sostenibile, deve avere un sistema economico con una produttività tale da poterlo sostenere e ciò significa fare dei progressi in termini di integrazione, affiancando alla moneta comune una capacità di bilancio alimentata da imposte europee, che, finanziando la ricerca e sviluppo contribuirà a rafforzare il ruolo politico dell’Ue nella gestione dell’accordo.
Al termine delle relazioni, il dibattito con il pubblico in sala ha offerto interventi ricchi di spunti di riflessione oscillanti tra timori che il TTIP possa indebolire il processo d’integrazione europea alla luce del diverso peso politico dei due soggetti contraenti, e spinte affinché l’Ue sfrutti questo negoziato per farsi pioniere di nuove modalità di approccio alle problematiche mondiali. Indubbiamente la capacità dell’Ue di tutelare, nel quadro dell’accordo transatlantico, i traguardi raggiunti in materia sociale e ambientale costituirà un fattore chiave per il suo rafforzamento federale.